Da Redipuglia a Doberdò del Lago
Il percorso sale anch’esso dalla pianura per attraversare un’interessante parte del territorio carsico.
Possiamo partire da Polazzo, attraverso il primo tratto della strada delle battaglie (tratto comune alla prima parte del percorso 7) e prendere a destra il sentiero CAI che passa immediatamente alle spalle del Sacrario di Redipuglia.
Oppure possiamo partire dall’abitato di Redipuglia e percorrere la più comoda strada asfaltata che conduce alla sommità del sacrario e alle strutture che vi sono collocate. Lungo la salita passiamo ai margini di una cava abbandonata, poi lungo il perimetro di un antico castelliere dando uno sguardo al contempo al panorama che ci allontana sempre di più le case sottostanti. Lambendo un’altra cava ancora attiva raggiungiamo la quota superiore laddove si estende un bosco di pino nero, tipico esempio dell’opera di rimboschimento attuata nel corso del Novecento. La strada principale prosegue a sinistra verso la parte superiore del sacrario , dove ci sono l’osservatorio sui campi di battaglia, la cappella e la suggestiva vista dall’alto sulla gradinata.
Il nostro percorso procede invece a destra, lungo l’antica strada che congiungeva Redipuglia a Doberdò del Lago. Siamo nella parte di altipiano che forse oggi, più di altre, presenta quelli che nell’immaginario comune sono le caratteristiche proprie del carso goriziano: le distese di sterpi e erbe secche, tipiche della landa, l’assenza di elementi verticali (se si eccettuano, purtroppo, i numerosissimi tralicci), gli arbusti di sommaco e rovo, il disegno arzigogolato dei solchi delle trincee, il cui cemento grigio si confonde, al primo sguardo, con le pietre naturali più spigolose e irregolari. Il territorio è interamente in falsopiano, movimentato di tanto in tanto da avvallamenti e doline, eppure ci troviamo su una “cima”, quella del monte Sei Busi (q. 117), anch’essa tra le più note per le tristi vicende della prima guerra mondiale.
Trincee e altri segni nel territorio raccontano dell’accanimento degli scontri e delle condizioni della vita in prima linea. A destra, rispetto la direzione per Doberdò, circa 200 metri dopo la fine dell’asfalto, si trova un gruppo di trincee molto evidenti: si tratta della zona dove si svolgono periodicamente delle manifestazioni di figuranti (a cura della Pro Loco di Fogliano-Redipuglia e di altre associazioni locali), scenario di documentari televisivi e per questo ben conservata pulita, se confrontata ad altre aree. Gli allineamenti italiani e austro-ungarici erano a distanza ridottissima tra loro e danno un’idea di come potevano avvenire gli attacchi, qui concentrati nel periodo tra l’estate del 1915 e la prima parte del 1916. Alcune targhe poste nel cosiddetto “trincerone italiano”, che oggi si presenta nelle forme di retrovia consolidata dopo la sesta battaglia dell’Isonzo, ricorda tutti i reparti impegnati in combattimenti in questo luogo (il trincerone si trova a 400 metri dalla fine dell’asfalto).
Un sentiero ben segnalato sulla sinistra della strada principale porta invece alla Dolina del XV Bersaglieri, detta anche “dei Cinquecento” perché da qui furono estratti i corpi di 500 caduti poi sepolti nel sacrario di Redipuglia.
Situata al centro degli avamposti austriaci all’inizio della guerra, la dolina fu conquistata dagli italiani tra luglio e agosto del 1915 e divenne un fondamentale punto di sostegno per la prima linea. Per tutto il conflitto, grazie alla sua naturale conformazione, essa offrì ricovero a i reparti di fanteria e bersaglieri. L’adeguamento del luogo alle necessità belliche da parte delle truppe italiane si attuò in particolare nei periodi di pausa dopo la seconda e la quarta battaglia dell’Isonzo: diari e fotografie documentano la presenza di un posto di medicazione, ricoveri protetti per i comandi, magazzini e depositi di munizioni; in breve tempo furono realizzati nuove vie di uscita e un ospedale da campo. I recenti lavori di ripristino hanno portato alla luce, tra le altre cose, un fregio dedicato al Corpo dei Bersaglieri e una lapide alla memoria dei caduti sepolti nella fossa comune. Da una decina di anni, infatti, la dolina è stata ben ripulita in modo da rimettere in luce i camminamenti e le strutture che si trovano al suo interno; è molto frequentata e utilizzata a scopi didattici e turistico-culturali.
Il paesaggio di una indubbia suggestione ci accompagna fino a Doberdò. Il suo campanile, assieme a quelli dei paesi situati sull’altipiano oltre il Vallone (oggi in Slovenia), al monumento di Cerje e alla cima del monte San Michele (individuabile, oltre che perché è la più alta, anche per i numerosi ripetitori) ci aiutano nell’orientamento. Man mano che ci avviciniamo alle case si nota la semplicità dell’architettura, ricostruita praticamente di sana pianta dopo le distruzioni totali perpetrate dalla guerra. Il paese, a ridosso della prima linea austriaca, sfollato nei primissimi mesi del conflitto, fu utilizzato quale sede per salmerie e punti di primo intervento e per questo venne bombardato pesantemente fin dall’inizio degli scontri.
Da Doberdò possiamo proseguire lungo il percorso 10, verso il Vallone, oppure raggiungere Monfalcone e il Parco Tematico della Grande Guerra attraverso il percorso 12.